Forti, questi The Hangover. Fondati nel 2008 da Andrea (voce, chitarra) e
Pierfederico (chitarra, seconda voce), vivono del solito primo periodo
turbolento, in cui la lineup si deve assestare, cosa che avviene alla
fine nel 2001, con l’introduzione neiranghi di Ivan (batteria) e Diego
(basso). Con una base di pezzi già composti, grazie alla stabilità
portata dai due nuovi membri, il quartetto di Treviso si mette subito al
lavoro su una prima demo, cui fanno prontamente seguire il qui presente
“After Nightmares”, debutto della band sulla lunga distanza. Un buon
debutto, davvero ‘forte’ possiamo dire, volendo usare nuovamente
l’aggettivo posto all’inizio della recensione; soprattutto in quanto
l’album si mostra in grado di coinvolgere l’utente al primo colpo
d’orecchio, senza negargli però anche il piacere di scoprire con
ulteriori ascolti delle nuove inaspettate sfumature. E’ musica quindi in
grado di attrarre subito l’attenzione, quella dei The Hangover: un
heavy metal potente e dalle buone melodie, impreziosito però da forti
intuizioni dal gothic e dall’alternative, influenze che ne rafforzano
indubbiamente la personalità e ne determinano l’ottimo potenziale. Non a
caso i nomi più vicini che finiamo per citarvi descrivendovi la musica
contenuta in “After Nightmares” provengono proprio da questi due
calderoni… Sono infatti i Sentenced del periodo “Down” e “Crimson” a
stabilire la direzione di pezzi dinamici e carichi di ritmo come
“Burning Out Of Fire” e “Nice Dynamite”, mentre i Paradise Lost ci
vengono ricordati da momenti più cupi e oscuri come “Murderd Memories” e
“Hangover”, così come dalla voce del cantante Andrea, in grado di
richiamarci alla mente Holmes in più di un’occasione. Il lato
alternative ci è invece rappresentato da una schiera di nomi più vari e
diversificati, tra i quali possiamo annoverare gli HIM (“After
Nightmares”), i Depeche Mode (la prima parte della bellissima dark
ballad “Lost Hopes”, un brano da ascoltare al buio decine di volte) e,
perché no, anche gli Avenged Sevenfold, tra l’altro citati dalla band
stessa tra le ipotetiche fonti di influenza. L’heavy dei The Hangover ci
risulta quindi fresco, originale e assolutamente non derivativo, in
grado di spaziare con agevolezza su generi ed influenze diverse senza
però darci l’impressione di ‘sparare a caso’ o di mischiare ingredienti
in maniera non ponderata. Buon impatto, ottima ascoltabilità ed una
personalità già in avanzata fase di definizione: un ottimo punto di
partenza per una band giovane, cui auguriamo con piacere un buon
cammino!
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